Pesci da prendere

Ridurre il consumo e scegliere solo quello sostenibile

Di fronte al banco del pesce l’orientamento di molti è quello di scegliere prodotti pescati freschi o prodotti di note marche senza considerare tutte quelle altre informazioni necessarie per poter scegliere un prodotto ittico sostenibile per evitare il peggio, sostenere il meglio e cambiare il resto! Come abbiamo già accennato nello scorso articolo bisogna per prima cosa distinguere se il prodotto deriva da acquacoltura (allevamento) o dalla pesca poiché la stessa specie può arrivare nei mercati attraverso percorsi differenti. Nessuno dei due metodi è migliore dell’altro poiché la “sostenibilità” del prodotto dipende da molti e differenti fattori che devono essere valutati singolarmente poiché hanno pesi e misure diverse in entrambi. Secondo i criteri fissati da Greenpeace l’acquacoltura è insostenibile se avviene una sola delle seguenti condizioni: se vengono raccolte uova o giovani in natura, se vengono introdotte specie esotiche, se avvengono trasferimenti di malattie alle popolazioni ittiche (stock) selvatiche, se gli impianti sono localizzati in aree sensibili, se viene usato pesce pescato come mangime, se vengono violati dei diritti umani, se provoca impatti sulla biodiversità o su ecosistemi o su specie, se vengono usati componenti non sostenibili nei mangimi. La pesca è insostenibile se avviene una sola delle seguenti condizioni: se vengono pescate specie molto vulnerabili, se vengono usati metodi distruttivi, se non vengono rispettate le opinioni scientifiche a tutela degli stock, se la pesca è eccessiva (overfishing), se la pesca non è selettiva (es. la pesca a strascico), se vengono catturate specie minacciate o protette, se provoca impatti sugli ecosistemi, se viene effettuata pesca pirata, se vengono violati i diritti umani. Questi criteri, però, si riferiscono solo all’impatto specifico che hanno i due metodi, invece per poter scegliere un prodotto sostenibile dovremmo avere anche informazioni sugli impatti generali che ogni singolo prodotto ha avuto. Il “peso” ambientale, infatti, deve tener conto anche di altri fattori come le emissioni di CO2  per il trasporto e/o la lavorazione, la tipologia delle confezioni e il loro successivo smaltimento (post-consumo), per esempio. Senza poi dimenticare anche l’impatto sociale sulle comunità locali che quel prodotto causa: troppo spesso per soddisfare il nostro palato o i nostri capricci (ma succede anche con altri prodotti) priviamo ingiustamente una comunità della sua unica risorsa. Non dimentichiamo che la tutela dell’ambiente e la giustizia sociale vanno a braccetto soprattutto quando si tratta di un bene primario come il cibo. Ricordiamo che la maggior parte dei prodotti ittici consumati in Italia è d’importazione. In Italia infatti “poco più del 40% della domanda è soddisfatta dalla produzione interna” (Rapporto ISMEA 2008).

Ma queste sono tutte informazioni che spesso non troviamo sui prodotti da acquistare, allora come possiamo orientarci?

- Chiedere sempre informazioni sul prodotto (es. se proviene da strascico o pesca artigianale);

- Orientarsi sul pesce azzurro (alici, sardine, sgombri) e sulle cozze (debitamente certificate per la stabulazione);

- Evitare sempre pesce sotto taglia;

- Per orate e spigole di acquacoltura preferire i prodotti italiani (costano di più ma la qualità è superiore e, di solito, gli impatti inferiori), per il tonno preferire quello certificato “Dolphin safe”;

- Per i prodotti di allevamento/acquacoltura possiamo orientarci verso il biologico (oltre a essere privo di OGM è anche più salutare);

- Per quanto riguarda il “pescato” e i frutti di mare dobbiamo cercare le certificazioni ambientali. Tra le più attendibili c’è il  MSC - Marine Stewardship Council, sviluppato tra il 1997 ed il 1999, basato su diversi codici di condotta e soprattutto sul Codice di Condotta per la Pesca Responsabile della FAO. L’ecolabel MSC si trova su circa 2000 prodotti ma anche nei ristoranti che utilizzano solo prodotti ittici di questo tipo, quindi cerchiamo il logo! (per saperne di più http://www.msc.org/ ).

- Evitare di acquistare i datteri di mare (Lithophaga lithophaga) la cui vendita in Italia è vietata (se ve li offrono chiamate le autorità).

- Evitare di acquistare pesce spada, gamberoni “tropicali”, tonno, merluzzo (baccalà e stoccafisso) secondo la Lista rossa per l’Italia contenuta nella Guida ai Consumi ittici di Greenpeace  (http://www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/rapporti/consumi-ittici.pdf);

- Evitare di acquistare anguilla, bianchetto, capasanta, cernia, halibut della Groenlandia, merluzzo bianco (nordico), nasello, occhialone, platessa, pesce specchio, pesce spada, rana pescatrice/coda di rospo, razze, squali, tonno ala lunga, tonno rosso secondo la Guida “Sai che pesci pigliare” del WWF  (http://www.wwf.it/UserFiles/File/News%20Dossier%20Appti/DOSSIER/Mare/Sai%20che%20pesci%20pigliare.pdf) ;

- Orientarsi su acciuga/alice, cefalo/cefalo labbrone, cozza/mitilo, gamberetto, leccia, merluzzetto/cappellano, merluzzo del Pacifico, ostrica, palamita, pannocchia/canocchia (di nassa), pollack, pollack dell’Alaska, rombo chiodato, sgombro, sugarello, totano (tratto da Guida WWF di cui sopra).

Ora sapete bene… che pesci pigliare!

 

Per gli uccelli, per la natura, per la gente

 

 

 

 

 

 

Il sito della LIPU del Molise

© Autore Angela Damiano — Pubblicato sul periodico  “La Fonte”